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Giandujotto IGP: il traguardo è vicino

13 marzo 2025

Ci vorrà tempo ma alla fine la battaglia sarà vinta. «Ipotizzo un gianduiotto di Torino Igp per il 2026». Così ha concluso il maestro cioccolatiere Guido Castagna che ha lanciato l’idea nel 2017, al termine della riunione di pubblico accertamento (questo il termine tecnico) del disciplinare del Giandujotto IGP  svoltosi l’11 marzo all’hotel Best Western Luxor di corso Stati Uniti a Torino. Eventuali opposizioni, da inviare al Ministero dell’Agricoltura dovranno essere presentate entro 30 giorni. Dopo di che la palla passerà alla Commissione Europea, fino alla pubblicazione definitiva sulla Gazzetta Ufficiale. Ci sono rischi di grandi impedimenti? Tutto sommato no. Caffarel (ora marchio Lindt) ha fatto mettere a verbale la sua invenzione del giandujotto nel 1865, e la registrazione del marchio nel 1972 come “autentico gianduiotto di Torino”, dichiarando la propria “riserva di opposizione”, chiedendo una tutela per il marchio Caffarel precisando, però, di non volersi opporre alla certificazione IGP del gianduiotto. Per Caffarel è importante la tutela europea del marchio. Stesso discorso farà il Piemonte con il suo “gianduiotto di Torino”.

Guido Castagna

Ma cosa prevede il disciplinare del giandujotto IGP (con la j) ? 

Forma: deve riprendere il cappello di Gianduja: prisma triangolare con spigoli arrotondati, peso da 4 a 12 grammi per quelli estrusi o stampati, da 8 16 grammi per quelli modellati a mano. 

Colore: uniforme marrone, marrone/rossiccio, lucido od opaco. 

Odore: il giandujotto deve avere un odore intenso di nocciola tostata, cacao e cioccolato, sapore dolce intenso con leggero finale amaro, dall’aroma intenso e persistente con sensazioni di nocciola tostata, cacao, cioccolato e vaniglia. In bocca dovrà morbido, solubile e adesivo, con astringenza molto scarsa. 

Ingredienti: nocciola Piemonte I.G.P. tostata dal 30% al 45%, zucchero dal 20 al 45%, cacao minimo 25%. 

Modellaggio: a mano, per estrusione (colato direttamente su piastre senza l’uso di stampi) o con lo stampaggio in appositi stampi. 

Luogo di produzione: deve essere obbligatoriamente prodotto in Piemonte, in quanto “legato al territorio dove è nato e alla sua tradizione storica”. 

Incarto: in foglio di alluminio, a mano o macchina, entro 12 ore al massimo dal raffreddamento. 

Logo: sulla confezione deve presentare una linea che rappresenta i due lati della sezione trasversale del giandujotto; la scritta Giandujotto di Torino deve essere in carattere Times New Roman. Unici colori ammessi bianco e nero. 

«L’IGP, ne sono convinto da sempre, farà vendere più giandujotti a tutti», chiosa Castagna, «che abbiano o meno l’Indicazione geografica protetta. Perché il giandujotto nel mondo indentifica il Piemonte, e chi viene qui vuole portarsi a casa qualcosa di tipico. Il gianduiotto può invadere il mondo». Un’altra perla targata made in Italy.